“Mi auguro che il nuovo anno porti concrete applicazioni sinergiche in campo ecologico” scrivevo a dicembre scorso. In quel momento stavo riflettendo sulle misure (e i risultati) intraprese in alcune grandi città del Nord Italia in merito all’inquinamento, sulle allergie improvvisamente diffuse e varie forme di disturbi sviluppati da un numero sempre maggiore di persone. Pensavo alle singole iniziative legate all’implementare dell’uso del ciclabile, osservavo lo stato dei servizi pubblici, i costi e la reale usabilità. Mi informavo sugli sprechi legati a impianti di raffreddamento piuttosto che di riscaldamento di stabilimenti commerciali, negozi, uffici, case. Mi domandavo come si potesse dare tanto spazio alla parola “bio” senza la consapevolezza che tanti prodotti così pubblicizzati in realtà fossero, magari non trattati direttamente con prodotti chimici, ma spesso coltivati in prossimità di strade e centri ad alto tasso di inquinamento.
Già oltre 35 anni fa mio padre mi raccontava degli scarichi indiscriminati di alcune aziende sui nostri fiumi e mi diceva che esisteva una cosa chiamata “pane industriale”, ben diverso da quello che facevano al tempo dei miei nonni.
Osservavo, soprattutto osservavo molto l’impatto dell’inquinamento a tutti i livelli: dell’aria, dell’acqua, del cibo e dei pensieri “tossici”.
C’e’ chi lascia ad altri la responsabilità del cambiamento, ma solo con piccoli passi da parte di tutti si può davvero ottenere un buon risultato.
Se ad esempio nei mesi di blocco del traffico per le soglie di inquinamento qualcuno si paga anche l’abbonamento del pullman, con fatica non solo economica, ma anche di impatto per il tempo se abita fuori città, ma poi c’e’ un’altra persona che con una macchina anche più vecchia e davvero inquinante continua ad andare in giro, rimane un sacrificio inutile e il beneficio si azzera.
Se una famiglia continua a fare manutenzione e controlli della caldaia, eventualmente sostituendola se necessario, ma altri condomini non lo fanno e magari hanno una vecchia caldaia inquinante e anche non in sicurezza, permane un potenziale danno per tutti.
Se sul lavoro, in una famiglia, in un paese c’e’ chi per paura, rabbia, sofferenza, incapacità continua a riversare il proprio malessere attraverso parole, azioni, energie è probabile che altri vengano “intossicati”.
Il problema è che abbiamo una cultura che comprende il concetto di cura come qualcosa di naturale da fare quando il danno ormai è stato creato. E’ considerato normale e giusto prendere medicine e curarsi. Se sei malato è “certificato” che puoi avere del tempo per riprenderti, per prendere delle medicine per “tornare come prima”, magari anche che reagisci in un certo modo. In parte è corretto, ci sono infatti situazioni che richiedono tutto questo, ma abbiamo sviluppato troppo una cultura della “toppa”.
Noi, il nostro corpo e la terra però non siamo come un paio di pantaloni su cui possiamo mettere sempre una “toppa”, dovremmo passare dalla cultura del curare alla cultura del prevenire, o meglio, del coltivare ben-Essere.
Per carità, non voglio togliere il diritto al mugugno, so che qualcuno ci tiene troppo e già in questo momento starà dicendo “ma io….”, ma se continui a lamentarti sempre senza fare nulla per trasformare la tua situazione allora forse dopo un pò il diritto a lamentarti lo perdi naturalmente.
Non parlo di situazioni gravi, ormai tali che necessitano di cura e talvolta, anche se da tempo si facevano sentire, si interviene troppo tardi, ma di tutte quelle occasioni quotidiane in cui è possibile scegliere, piccole cose che aiutano a coltivare il benessere senza grossi impegni economici o di tempo.
Scegli di mangiare più sano, ricordati di bere acqua, osserva i tuoi pensieri e le tue emozioni, fai movimento, permettiti di dissentire, non lasciarti intrappolare dal ruolo famigliare, lavorativo o sociale, dedica tempo solo a te stesso, coltiva amicizie, prenditi una pausa, esprimi un tuo talento, fai una buona azione, regalati un momento speciale o, semplicemente, fai una passeggiata e ascolta il tuo respiro.
Non credere a quelle voci, esterne o interne, che ti vogliono triste e sofferente; hai diritto alla gioia.
Libera-mente, personal-mente, in inclusione, passare dal tirar fuori soldi e tempo per le malattie e i danni creati alla terra tutta al far circolare denaro e risorse per il Ben-Essere individuale e dell’ambiente.
Quando non puoi, quando stai bene, quando hai altre priorità, regalati comunque un momento di benessere, investi una piccola parte del tuo tempo, delle tue capacità, delle tue risorse per prenderti cura di Te e del tuo ambiente. Se vuoi, puoi.
Ti aspetto al prossimo appuntamento
Sognailmondochevuoi®