A chi non è capitato di lasciare o essere lasciato in una relazione d’amore? Probabilmente tutti ricorderanno bene cosa è accaduto subito dopo e durante quel momento “complicato”, nel migliore dei casi.
Quanti hanno però consapevolezza di cosa è accaduto prima, di quali sono stati i reali motivi che hanno portato alla rottura?
Se non è capitato a voi, ma, diciamo, a un vostro amico probabilmente la cosa che vi può arrivare come immagine o sensazione è qualcosa di molto diverso dai primi tempi, quando i due piccioncini ancora non erano una coppia o anche per i primi anni o mesi.
Certamente ogni caso è a se stante e ci sono davvero “pazzi e pazze furiose”, “casanova e seduttrici seriali”, doppiogiochisti di entrambe i sessi, ma quasi sempre è l’incapacità di ciascuno a prendersi la responsabilità delle proprie emozioni e delle proprie scelte a modificare la storia e poi i ricordi di qualcosa iniziato in modo molto diverso.
Durante i periodi di festa, coloro che vivono relazioni complicate o hanno da poco subito una rottura sentono particolarmente la sofferenza.
Se anche non è quanto accaduto a voi, probabilmente il dolore è comunque un elemento comune ed è qualcosa che può essere usato per crescere nelle proprie competenze relazionali o per alimentare il bambino ferito; a ciascuno la scelta.
Ogni cosa che inizia ha una fine e, non raccontiamoci storie, se la cosa ci riguarda ne soffriamo, qualunque sia la parte recitata. Se poi si è nei panni di chi, non troppo consapevole di come si muoveva la storia, è stato lasciato la sofferenza è più forte.
Ognuno ha la propria personale ricetta per uscire da quello stato, dal ritirarsi, al buttarsi in nuove conoscenze, al rifarsi concedendosi mille consolazioni, al trovare supporto nelle amicizie e infiniti altri modi.
Quanto efficace per una persona può non esserlo per un’altra, ma soprattutto, prima di buttarsi in una nuova storia con le stesse premesse, quanto si è riflettuto davvero su cosa è accaduto?
Nella maggioranza dei casi ci sono finali a tinte melodrammatiche dove piccole guerre di potere coinvolgono amici e parenti in un’inutile quanto insensata disfatta in cui si perde di vista cosa è importante. Senza contare quando la coppia è sposata e coinvolge nel drammatico gioco anche i figli, come pedine, e si rende ulteriormente più povera economicamente e moralmente attraverso un viaggio nel peggio di ciascuno, arricchendo solo i reciproci avvocati.
C’e’ anche chi a distanza di anni non riesce a farsene una ragione, avviluppato in una pellicola di falsi ricordi e di rabbia, amarezza e tristezza auto alimentati all’interno di quel film senza sosta.
E’ vero che il dolore spesso fa reagire in modi bizzarri, soprattutto se non si è lavorato molto su di sé, ma fa soffrire anche se si è pienamente centrati.
Tra le cose che, curiosamente, non vengono prese in considerazione da molti quando una relazione non funziona, o è appena terminata, due sarebbero davvero importanti.
La prima è fare un passo indietro e trattenersi dal buttare tutte le colpe all’altra persona e dipingerla come il peggio esistente. Se davvero fosse questa la verità, chi aveva fatto la scelta di quella persona e non un’altra? Chi, giorno dopo giorno, ha continuato quella relazione? Non prendersi la responsabilità delle proprie scelte equivale a dire che non si è in grado di fare delle valutazioni o che si è delle vittime.
Fare quindi un passo indietro e trattenersi dal cancellare tutto quanto di buono, o mediamente buono, si era scelto e vissuto in precedenza permette di non screditare anche se stessi, perché questo è un fin troppo ricorrente rischio che si avvera.
Un’altra cosa importante da fare è passare dal porsi domande del tipo: “perché sempre a me”, o conclusioni del tipo “allora non valgo nulla” a osservare le dinamiche che interessavano la coppia.
Quali ruoli si recitavano? “La bella e la bestia”? Il/la eremita e il/la sociale? La vittima e il carnefice? La crocerossina/il cane sanbernardo verso il/la bisognosi di aiuto? Solo alcuni degli esempi questi, esasperati ovviamente, ma cosa si metteva davvero in scena in quella relazione?
Quali ferite irrisolte si cercava di curare? Quali credenze, quali convinzioni limitanti, quali strategie automatiche, precedentemente apprese per difesa, quali sub personalità tossiche o auto sabotanti hanno avuto parte nell’involuzione della storia?
La vita è continua fonte di apprendimento, per chi si mantiene aperto, affrontare le dinamiche irrisolte di una relazione finita male può aiutare a crescere e creare nuove e migliori basi per la prossima.
Ciascuno ha potenzialmente in sé gli strumenti per il personale lavoro, affrontare un momento di trasformazione accompagnati da un coach permette di rielaborare la storia in modo obiettivo e può essere più semplice.
Da soli o in compagnia, è sempre un buon momento quello dedicato ad ascoltare profondamente cosa vuole il proprio bambino interiore, cosa davvero si sta cercando, cosa si può offrire all’altro, che tipo di relazione si vuole vivere e che tipo di persone dovrebbero essere quelle che sono coinvolte.
Stai esprimendo il meglio di te?