Mi è capitato recentemente di vedere un servizio sulla periferia di Napoli, “Le vele” quartiere Scampia,. Oltre agli approfondimenti su cosa può significare vivere in certi quartieri, alle dinamiche legate più precisamente al mondo della camorra e della droga, al centro ecco famiglia e cultura. A tratti il mio pensiero torna a storie possibili e storie reali intorno a quel luogo. Come spesso accade, da un esempio, un caso, la mia mente crea collegamenti e analogie in altri ambiti e si espande. Parto dal riflettere su quanto sia determinante la famiglia ed il luogo di origine e rivedo mentalmente varie situazioni in cui questi sono stati una condanna o un trampolino di lancio per la persona. Poi ritorno a pensare alla cultura ed alla scuola e altre situazioni approfondite recentemente. Cinquant’anni fa l’allunaggio sembrava un traguardo politico, ora sembra che si discuta di strategie per la difesa spaziale e no, non è l’ultimo film di una saga fantascientifica.
Ma in questi cinquant’anni in cui tanto è cambiato nello spazio aereo e quello della rete, cosa è successo alla cultura?
Un mondo forse a due velocità in cui da un lato ci sono espansione e crescita talmente esponenziali da arrivare a padroneggiarne i temi quando già sono sorpassati e un altro che resta nell’ombra, dimenticato, come le persone di certe periferie.
Se non sei figlio di persone benestanti, se non puoi andare a scuola o ci vai, ma non studi, se non hai un tetto sicuro, se violenza e miseria sono cibo che spesso vengono serviti a tavola ogni giorno, come è possibile non essere solo una pedina usa e getta di un sistema malato?
Ripenso a tante persone conosciute che non hanno potuto studiare, magari arrivati alla quinta elementare. Quanto diverse sono state le loro storie a seconda del carattere, degli incontri avvenuti nel corso della vita e di altri eventi. Ripenso a quanto pochi sono riusciti a riscattarsi da un passato di miseria e difficoltà e a quale prezzo.
Come dice una canzone “Uno su mille ce la fa, ma quanto è dura la salita”. Nel servizio veniva raccontato proprio di un “Uno su mille”, Davide Cerullo, ex camorrista, ora scrittore, fotografo e animatore per i bambini che abitano a “Le vele”.
Sicuramente aveva dentro di sé una scintilla che ha sfruttato per cogliere occasioni e messaggi che ha trovato nel percorso, così come
chiunque voglia ricominciare deve trovare in sé la motivazione per una scelta diversa
Prigionieri di un sistema , sia esso quello estremo raccontato nel servizio, ma anche in quelli più leggeri, in cui in pratica il “nostro bambino” ha dovuto troppo presto smettere di giocare e allo studio e alla crescita personale ha dovuto rimpiazzare la sopravvivenza, cosa accade?
Aggressività, manipolazione, forza, violenza, sconfitta, autosvalutazione, involuzione, paralisi, morte sono la risposta più probabile.
Come rimediare? Forse una importante parte di investimento, anche economico, ma certamente di energia dovrebbe andare proprio là dove anche il protagonista del servizio ha poi scelto di impegnarsi: offrire ai bambini la possibilità di vedere i diversi colori della vita, consentire di trovare momenti di meraviglia, permettere di leggere e studiare, appassionarsi alla conoscenza. Il passo successivo e per tutti gli ambiti: offrire al “proprio bambino” quelle opportunità che non ha avuto, regalarsi tempo per conoscerti profondamente, rinunciare al giudizio, perdonarsi per ciò che non è stato in grado di fare.
Occorre passare dalla cultura dell’aggressione, sia essa per paura o abuso di potere, alla focalizzazione su se stessi per conoscersi e comunicare in modo non violento i propri bisogni
L’opportunità di studiare e di vivere in un ambiente adeguato, con input adatti, la possibilità di acquisire il potere della bellezza della conoscenza e dell’autoconoscenza dovrebbero essere un patrimonio per tutti i bambini.
Per gli adulti che ora vogliono fare un dono ai propri “bambini interiori feriti” è comunque possibile fare un passo di guarigione regalandosi tempo, tranquillità e rilassamento per sondare il proprio mondo interiore
Passare dalla propria “periferia”, al proprio “centro”. Non si tratta di essere superficiali o egoisti, come molti sarebbero tentati di pensare giudicandosi, ma al contrario si tratta di un dono agli altri e a se stessi. Per esempio pensate a quanto sarebbero diverse certe situazioni , anziché gettar benzina sul fuoco con parole e reazioni aggressive o di odio, ci si prendesse del tempo per osservarsi interiormente e riflettere cosa davvero si prova in quel momento? Qual’e’ la sorgente di quel disagio?
Certamente insieme alla scelta personale, al proprio libero arbitrio, spesso occorre anche un pizzico di fortuna, una mano tesa e un’occasione, ma ci sono cose che dipendono da noi. Tra queste, per i “bambini di ieri” potrebbe essere utile osservare quanto pesino tutte quelle cose, quelle vecchie credenze non più utili, quelle abitudini tossiche che ci si porta dietro.
Come potrebbe essere più leggera la vita se si riuscisse a lasciare andare certe cose che non servono più? Diciamo al “genitore stanco” di arrendersi per un po’ e diamo spazio al “vecchio bambino” affinché si crei lo spazio per il “nuovo adulto”.
Marina Pillon
ConsapevolMENTE benESSERE
Sogna il mondo che vuoi®
@marinapillon