Quante volte sentiamo usare la frase “trovare la forza nella debolezza” come uno slogan, spesso in modo superficiale, quasi svuotata del suo significato. Eppure, dietro queste parole si nascondono dei segreti preziosi.
In questi giorni rifletto molto sulla diversità. Come spesso accade, mi lascio guidare dalla curiosità, alla ricerca di nuovi spunti da aggiungere al mio bagaglio di conoscenza da condividere, per il benessere e la crescita personale.
Qualche giorno fa ho partecipato a un evento che univa natura e apprendimento multimediale. C’erano persone di età diverse, ognuna immersa nell’esperienza a modo proprio: c’era chi si perdeva nell’osservazione delle radici intrecciate di un albero o nella forma dei rami che sembravano abbracciarsi, chi si meravigliava nel vedere animali poco intimoriti dalla nostra presenza, e chi invece era completamente assorbito dalle realtà digitali, come se stesse davvero vivendo quell’esperienza.
Ognuno aveva il proprio modo di partecipare, ma tutti avevano scelto di essere lì.
Se mi seguite da tempo, sapete che credo profondamente nell’unicità della persona. È per questo che credo nell’ attenzione personalizzata, che si tratti di favole scritte su misura, consulenze o percorsi di formazione, oppure semplicemente di sensibilizzare verso un approccio più mirato, più umano.
In altri articoli ho già affrontato il tema della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, ponendo l’accento su quanto sia fondamentale riflettere sul loro impatto sulla formazione e sulla crescita. Proprio ieri ho ascoltato con interesse un intervento a un workshop su questo argomento. Come dicevo già qualche anno fa: il futuro è adesso.
Da un lato ci sono sfide da affrontare con attenzione: il rischio di diffondere una cultura delle “fake news”, la necessità di certificare competenze in modo sicuro e professionale, il pericolo che tutto questo resti nelle mani di pochi. Dall’altro, però, si aprono nuove possibilità: la tecnologia potrebbe diventare uno strumento prezioso per creare percorsi formativi sempre più personalizzati e di supporto a situazioni prima vissute come barriere.
Sempre in questi giorni, mi sono iscritta a un incontro su favole, integrazione e racconti di altre culture. L’ho fatto con la curiosità di chi cerca nuove chiavi per comprendere meglio la frase “trovare la forza nella debolezza”.
E adesso ci arriviamo.
Il senso di solitudine o di diversità rispetto a chi ci sta attorno, quel sentirsi esclusi da un’“unità” che sembra compatta ma in cui non ci riconosciamo, spesso nasce da una generalizzazione. Una tendenza, anche in buona fede, a etichettare, incasellare, semplificare. È un modo per cercare di comprendere la complessità, ma rischia di ridurla.
Siamo tutti diversi, ognuno a modo suo. Condividiamo alcune caratteristiche con certi gruppi, altre con altri. Ma la vita è fatta di insiemi, sottoinsiemi e singoli elementi. La composizione degli atomi è sempre quella, ma basta aggiungere o togliere qualcosa per ottenere risultati completamente diversi.
Ecco il cuore nascosto nella frase “trovare la forza nella debolezza”.
Le cose non sono mai come appaiono. Se guardiamo solo ciò che è considerato “forte” o “vincente” — magari solo perché è comune o più visibile — rischiamo di escludere tutto ciò che non rientra in quel modello. Ma è lì, nell’apparente debolezza, che spesso si nasconde qualcosa di prezioso.
Dietro a un comportamento silenzioso e riservato, a una mancanza di interesse per le conversazioni di tutti i giorni, a un’andatura più lenta, si potrebbe celare una grande profondità, una forte capacità di introspezione. Magari un futuro scrittore, attore o regista. Dietro a un bambino che sembra disinteressato allo studio, solo perché quel metodo non fa per lui, potrebbe nascondersi un ricercatore brillante. E anche se non diventasse nulla di eclatante, dietro ogni modo di essere c’è una qualità che merita attenzione e sostegno.
Trovare la forza nella debolezza significa proprio questo: guardare oltre le apparenze, superare le etichette, riconoscere l’altro — e anche noi stessi — nella nostra complessità.
Un piccolo esercizio per il mese di aprile
Ti propongo un esperimento di osservazione e riconoscimento. Come se fossimo dei detective:
- Scegli due o tre persone che, per qualsiasi motivo, ti infastidiscono con il loro comportamento.
- Immagina che dietro quel comportamento ci sia un bisogno non espresso o un talento mal indirizzato.
- Cerca piccoli segnali che possano confermare questa ipotesi.
- Prova a rivolgerti a quella persona come se avessi davvero riconosciuto il suo bisogno o il suo potenziale.
- Osserva cosa cambia. In lei, ma anche in te.
E anche se ti fossi sbagliato, il solo fatto di averle rivolto la tua attenzione potrebbe aver migliorato qualcosa. Anche solo nel tuo modo di sentirti in relazione a lei.
Siamo tutti diversi a modo nostro, anche se alcuni sembrano più simili tra loro. Ma tutti abbiamo bisogno di una cosa fondamentale: essere riconosciuti.
Soprattutto nelle nostre fragilità.