“Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te”? Scriveva Friedrich Nietzsche
Questi mesi di “distanziamento” hanno permesso a ciascuno di imparare qualcosa di più su di sé soprattutto in merito alle relazioni. Uno spazio non colmato dagli altri offre l’opportunità di osservare maggiormente spazi interiori e le proprie scelte di vita.
C’e’ chi si è reso conto di dipendere dallo stare in gruppo sul lavoro o nella vita privata. C’e’ chi ha sentito maggiormente la mancanza di un partner accanto. C’e’ chi ha subito un quotidiano troppo invaso dalla presenza altrui seppure dei propri cari.
Qualcuno si è riscoperto in una dimensione ideale, anche se per tutti, ovviamente, il blocco forzato non è stato una passeggiata. Anche persone amanti della solitudine, abituati a vivere alla giornata si sono ritrovati a dover fare i conti con una libertà limitata.
Da un punto di vista esclusivamente delle relazioni cosa possiamo aver appreso?
Come in natura ci sono animali che vivono in branchi, animali solitari, animali che vivono in coppia ed animali che sanno equilibrare un mix delle varie modalità, così è per l’uomo.
Diverso è però amare la propria solitudine e momenti di individuale libertà, amare il condividere la vita con un partner, amare stare insieme agli altri, socializzare e vivere in gruppo, dal subire queste scelte per eventi esterni o per rispondere a “si deve”.
Non esiste un giusto o sbagliato. Ogni aspetto ha un vantaggio e uno svantaggio e risponde a bisogni diversi.
E tu cosa hai imparato da questa o un’altra esperienza che ti ha obbligato a stare forzatamente in una situazione?
Sei capace di stare da solo? Ami stare in coppia come bisogno, per condividere o quale concetto hai del rapporto a due? Cosa ti spinge a mettere su famiglia? Scegli di stare in compagnia per sentirti protetto o per evitare di stare da solo con te stesso o ami davvero la vita di gruppo?
Prendi un foglio o il tuo diario e scrivi 3 positive e 3 negative di esperienze di vita in solitaria, in relazione, in gruppo. Osserva poi cosa emerge. Per esempio:
– hai la tendenza di dare la colpa alle conseguenze per la difficoltà a stare da solo?
– hai incolpato l’”altro” di non essere all’altezza di amarti/capirti e non vedi le tue responsabilità?
– hai riscontrato che indichi gli altri come “sbagliati/cattivi/approfittatori”?
Quando soffriamo in un’interazione, anche con noi stessi, andiamo a fondo a cercare di capire quale bisogno non viene soddisfatto anziché perdere l’opportunità di cambiare le cose usando l’alibi del “colpevole”.
Crea uno spazio “elegante” in cui l’equilibrato rapporto tra solitudine e condivisione sia inversamente proporzionale agli squilibri dei bisogni inappagati e vecchie credenze.
Sofferenze e passato servono solo come insegnamento. Non fermarti.
Porta l’attenzione al tipo di relazioni che vuoi creare e cosa tu puoi dare in quelle relazioni. Che tipo di persona è la protagonista di quella relazione con se stessa, con un partner, con un gruppo?
Uno, due, tanti.
Marina Pillon
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