a cura di Marina Pillon
Negli ultimi anni sta emergendo un nuovo stile di comunicazione e Leadership definito “gentile”.
In effetti a osservare intorno la gentilezza è davvero una qualità che dovrebbe essere maggiormente coltivata.
Osserviamo più da vicino però cosa si intende in particolare per Leader gentile.
Nell’intento dovrebbe essere un simil-coach, che cerca di motivare, far prendere consapevolezza del potenziale e far esprimere al meglio i propri collaboratori per raggiungere traguardi realistici. Tutto questo dovrebbe avvenire supportando il team e i singoli individui nei vari processi ed azioni che rendono più agevole l’innovazione e favoriscono lo spirito d’iniziativa.
Si tratta di un obiettivo ambizioso per una parola discreta come “gentile”, soprattutto per chi magari non ha leadership se non per ruolo e magari non comprende la profondità della gentilezza. Non si tratta solo di un “make up” nella comunicazione.
Più in generale, parlando di comunicazione gentile, non dovete immaginare semplicemente di dover assumere un tono più pacato o sorridere, chiamare per nome e chiedere “come va?”. Certo tutto ciò non è escluso, ma non deve essere una forzatura e occorre poi saper ascoltare e affrontare cosa avviene dopo.
La comunicazione e la leadership gentile richiedono sincerità, assenza di secondi fini, azioni rispettose, reale spirito di squadra e fiducia.
Per metterle in pratica occorre prima di tutto fare i conti con se stessi autenticamente e allenarsi.
Se il leader gentile deve essere un buon coach verso i propri collaboratori deve saper anche fare autenticamente self-coach ovvero essere coacheé di se stesso e allenarsi proprio in quelle caratteristiche che meno gli sono congeniali, ma richieste dal ruolo.
Allo stesso tempo, se semplicemente si vuole allenare una comunicazione “gentile” occorre lavorare su alcune qualità che aiutano questo stile relazionale.
Proviamo ad osservare in scala da uno a dieci quanto esprimiamo le seguenti skill o piuttosto richiedono di lavorarci maggiormente:
Capacità di ascolto
Siamo davvero in ascolto di cosa ci dice l’altro o stiamo già pensando a cosa rispondere/fare dopo?
Empatia
Utilizziamo delle frasi imparate a memoria in un corso o riusciamo davvero a sintonizzarci con l’altro?
Infondere fiducia e positività
Riusciamo a creare un clima in cui l’altro possa sentire nutrita la propria autostima operare al meglio?
Gestione dei conflitti
Riusciamo a comprendere i bisogni che si celano dietro al malessere manifestato dall’altro? Offriamo un contesto di dialogo volto a valutare le cause dei conflitti e creare un terreno di nuovi scenari?
Saper lasciare e saper far lasciare
Riusciamo a delegare, a lasciar andare certe attività, a far lasciare a qualcuno un vecchio compito per dare spazio ad altri e valorizzare tutti? Riusciamo a crescere e far crescere?
Gestione del tempo e qualità
Sappiamo gestire e organizzare il lavoro riuscendo a mediare tra stili ansiosi e stili procrastinatori?
Comunicazione e feedback
Quanto siamo efficaci nel comunicare e quanto utilizziamo il feedback fuori dai momenti formali previsti?
Flessibilità
Quanto questa qualità la usiamo come scusa per convincere l’altro a fare qualcosa, ma poi non l’applichiamo con la stessa forza nelle nostre scelte e nel nostro agire quotidiano?
Come abbiamo visto quindi lo stile gentile, di cui peraltro c’è e ci sarà sempre più bisogno, richiede un gran lavoro su di sé prima ancora che sugli altri.
Allora buon allenamento alla consapevolezza a tutti!
E l’ultimo … si assicuri che nessuno sia rimasto indietro
“La gentilezza dovrebbe diventare il modo naturale della vita, non l’eccezione. “(Buddha)