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Accompagnare il cambiamento trAnsiZIONE SOCIALE - Sogna il mondo che vuoi ®

30 Agosto 2022da MARINA0

A cura di Marina Pillon –  Sogna il mondo che vuoi®

Il Benessere organizzativo e sociale non può prescindere dal benessere individuale

 

Poco prima dello scoppio della pandemia scrivevo https://www.sognailmondochevuoi.it/2025-il-futuro-e-adesso/

“il futuro è adesso”.

Devo ammettere che, malgrado ciò, nemmeno io immaginavo quanto le mie riflessioni sui cambiamenti lavorativi sarebbero state superate: smart working, bisogni ulteriori di reinventarsi e scenari cambiati.

Il lock down è stato un acceleratore fortissimo nella direzione delle alte tecnologie ed ha messo i germogli su future professioni che ancora non possiamo immaginare.

Ci sarà quindi senza dubbio sempre più la necessità di formarsi e mantenersi aggiornati.

Che si tratti di nuove professioni tecnologiche o più legate ad aspetti umani la curiosità, il sapersi relazionare e l’empatia saranno sempre più richiesti.

Accanto alle tante professionalità tecnologiche specializzate, credo dovranno nascere nuove figure che tengano sempre più in conto gli aspetti umani e relazionali, anche per accompagnare al nuovo in una visione di benessere individuale e sociale.

Credo infatti che il benessere sociale, come quello aziendale, sia inscindibile dal benessere individuale.

Guardando al contesto lavorativo, reputo che oggi si possa parlare di benessere organizzativo se l’organizzazione ha la capacità di promuovere e mantenere non solo il benessere complessivo dei propri dipendenti (sicurezza, giusto stipendio, benefit e così via) ma anche la qualità delle relazioni tra le persone e il contesto lavorativo.

Nei due anni di pandemia la maggior parte delle persone si sono sentite costrette in casa ed hanno dovuto riequilibrare le proprie abitudini. Il rientro in azienda è poi stato vissuto in modo altrettanto improvviso e passivo, con difficoltà a riorganizzarsi.

Molta gente non aveva consapevolezza di cosa avrebbe significato davvero il rientro e, anche chi prima non avrebbe mai voluto il lavoro agile, ha iniziato a provare ansia nel rientrare. Ansie che si sono sommate al senso di solitudine che tanti hanno provato, per confinamento, per isolamento o per il trovarsi soli a dover gestire responsabilità e situazioni difficili e nuove causa pandemia.

Per qualcuno c’è stato anche il rendersi conto di nuove forme di solitudine al rientro perché si è tornati in un luogo condiviso, ma in modo diverso.

Per fortuna alcune agevolazioni previste per condizioni specifiche sono state in parte di aiuto per qualcuno, ma dall’altro han creato dei confini che hanno portato ad altre separazioni o disagi.

Soprattutto il rientro non è stato un tornare a una “normalità” come molti credevano, ma semplicemente fare qualcosa in alcuni giorni in un luogo piuttosto di un altro.

Non c’e’ ancora stato il tempo e la modalità per creare il cosiddetto new normal.

Ma di cosa hanno bisogno le persone? Quali sono i bisogni in questo quadro di cambiamento?

Siamo un Paese con una grande fetta di lavoratori di “vecchia generazione” ancora in servizio e, salvo alcune realtà, si tratta di osservare il coesistere di differenti esigenze.

Volendo schematizzare al massimo ci troviamo in presenza di una “vecchia generazione” da accompagnare nelle nuove realtà lavorative o nuove fasi di vita (pensione) e “giovani generazioni” che saranno il futuro.

NUOVE GENERAZIONI VECCHI GENERAZIONI
Bisogno di formarsi ed evolvere Bisogno di trovare la propria dimensione nelle nuove realtà
Lavori ad elevato quoziente tecnologico Bisogno di supporto nel cambiamento delle nuove tecnologie
Flessibilità operativa Flessibilità meno spinta
Strutture poco gerarchiche Apprendere a non temere il fallimento
Equilibrio vita-lavoro Equilibrio vita-lavoro

Nella società, come nelle aziende, occorre una maggior attenzione nei percorsi di sviluppo e progettare spazi che possano permettere il confronto, la comprensione ed elaborazione delle novità e le nuove direzioni, una fucina di confronto e anche di idee.

Chissà che anche eventi negativi come la crisi energetica non possano suggerire nuove progettazioni dei luoghi e delle modalità d’incontro lavorativi.

Le aziende che non si fanno prendere solo dalla corsa alla tecnologia o i numeri possono farsi portavoce di progetti che partendo dal sociale possano diventare attrattivi per i talenti professionali di qualunque età.

L’idea è quella di gruppi di ascolto e dialogo per lo sviluppo dello spirito partecipativo, partendo dalla dimensione individuale e relazionale.

L’obiettivo principale è un cambio di prospettiva, anche delle percezioni legate al contesto lavorativo, attraverso strategie orientate all’autonomia (dove possibile), la trasformazione di conflitti in cooperazione e migliorare in generale lo scambio.

Da queste situazioni iniziali potrebbero nascere le tracce per specifici gruppi di lavoro.

Fondamentale che si tratti di progetti ad opera delle figure di responsabilità e coordinamento certo, ma magari insieme ad altre figure con tali expertise e che tutte vengano preselezionate per valutarne la motivazione.

Si tratta di scommettere sulla persona con un progetto a medio termine perché richiede di traguardare un periodo di accompagnamento delle vecchie generazioni, o almeno molta parte, a una diversa fase della loro vita e contemporaneamente inserire le nuove generazioni che saranno l’azienda di domani. Chi farà l’azienda e la società del futuro?

La sfida è, soprattutto dopo il covid, ancora non lasciato alle spalle, di saper creare in azienda un ambiente di lavoro che sia prima di tutto un luogo di convivenza e di relazione tra le persone nei differenti ruoli, per la ridefinizione di una nuova società. L’aspetto relazionale sarà forse ancor più importante di prima. In una prima fase e in parte anche successivamente si potrebbe parlare parallelamente di luoghi virtuali, ma limitatamente e con attenzione. Credo che il futuro del metaverso di cui si sta iniziando a parlare richieda molte riflessioni e approfondimenti di etica e cyber security, ma questo è un altro argomento.

Tornando invece al progetto che potremmo chiamare di “trAnsiZIONE sociale”, l’attenzione è tutta intorno al valore delle persone e al futuro che insieme possono creare. Il valore e l’esperienza di chi ha fatto un pezzo di storia e il valore e le nuove influenze di chi segnerà i risultati domani hanno bisogno di trovare contenitori adatti ad amalgamare le diverse abilità.

Le parole d’ordine: condivisione, impegno, senso di responsabilità, integrazione, motivazione ad agire nel raggiungimento di obiettivi comuni e attraverso relazioni umane e professionali improntate al rispetto reciproco. Ascoltare e riprogettarsi, soprattutto dopo questi anni che hanno modificato molto le abitudini, favorire occasioni per sollecitare e orientare l’espressione e l’elaborazione di esperienze e vissuti per raccogliere spunti puntuali su cui creare costruttivamente e collettivamente il cambiamento. Non esistono soluzioni preconfezionate.

Questo garantirebbe il senso di partecipazione e potrebbe attivare energia bloccata dal senso del subire, aprendo anche alla fiducia e creando terreno fertile per nuove idee.

In conclusione, credo occorra investire su organizzazioni capaci di apprendere attraverso iniziative di confronto che partendo dall’ascolto per il benessere individuale porti al benessere organizzativo ed anche sociale.

Si tratta di ripensare i luoghi di lavoro come luoghi di convivenza e sviluppo aziendale, ma anche individuale e sociale.

Trovare un nuovo significato e modo di tornare alle attività di ieri che possano creare un desiderabile quanto produttivo luogo per il domani in cui oggi ci si sente riconosciuti in ciò che si fa per la comunità organizzativa e sociale e accettati per ciò che si è, anche in contrapposizione alla rabbia, senso di separatezza e competitività tanto diffuse.

In pratica, una partenza con visione per il sociale che diventi attrattivo per i talenti professionali di qualunque età.

Quante organizzazioni e aziende sapranno cogliere la sfida di puntare davvero anche sulla persona?

 

 

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MARINA

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